Terzo anno del bebè

Comportamento aggressivo: quando i bambini picchiano, tirano calci e mordono

I genitori sono scioccati quando i bambini cercano di imporsi con la violenza. Ci sono però buoni motivi per mantenere la calma. Ecco come i genitori possono gestire i bambini aggressivi.

Informazioni utili

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L'essenziale in breve

  • Quando picchiano e tirano calci, i bambini piccoli vengono travolti da sentimenti che loro stessi non sono ancora in grado di gestire.
  • I bambini devono imparare: comportamenti aggressivi come botte e calci rientrano tra i no-go.
  • Rispondere con la violenza non è un'opzione.
  • Il miglior modo per i bambini per imparare a risolvere pacificamente i conflitti è avere buoni esempi, dunque imitare mamma e papà.

Quando la rabbia si trasforma in aggressività

«Ma lo voglio!», urla il bambino diventando rosso per l'agitazione. Presto sul suo viso compare anche una buona dose di rabbia. Quando si accorge di non potersi imporre, comincia a picchiare, tirare calci e spingere, diventando davvero aggressivo. I genitori di bambini di due-tre anni conoscono bene queste scene.

Genitori sotto shock

Il comportamento aggressivo tra bambini o contro i genitori è sconvolgente. I genitori non vogliono che il proprio figlio picchi, morda o spinga. Hanno paura che possa ferire gravemente gli altri o mettersi in pericolo. Si preoccupano anche che possa farsi una brutta fama come piccolo rissaiolo e che venga additato dai vicini come bambino aggressivo. Ed ecco, allora, che immaginano rapidamente scenari futuri inquietanti: tra qualche anno, per esempio, il bambino tormenterà i suoi compagni di classe nel cortile della scuola. Ma non corriamo troppo con la fantasia! È infatti normale che i bambini di due e tre anni si picchino di tanto in tanto e diventino aggressivi.

Picchiare e tirare calci per pura disperazione

Il comportamento di tuo figlio può essere spiegato rapidamente: i bambini piccoli reagiscono ai conflitti con delusione, rabbia e disperazione. Non sono ancora in grado di regolare autonomamente queste sensazioni e di consolarsi da soli. I sentimenti scatenano quindi l'aggressività che non può essere controllata dal bambino.

In un comportamento di questo tipo rientra anche la comunicazione fisica: picchiare e tirare calci dimostra che a tuo figlio mancano ancora le strategie adeguate per esprimere in modo opportuno i suoi desideri. Il tuo bambino non vuole fare del male agli altri, ma si sente messo all'angolo e reagisce perciò in maniera aggressiva.

Come dovresti gestire l'aggressività di tuo figlio

Sia chiaro, i genitori non dovrebbero tollerare comportamenti aggressivi come botte e spinte. Il bambino deve sapere che gli attacchi fisici non sono permessi e che esistono reazioni migliori dell'aggressività. 
 
1. Non prendersela sul personale
In linea di principio i genitori non dovrebbero prendere il comportamento aggressivo del bambino come un fatto personale: il piccolo non vuole far arrabbiare i suoi genitori.
 
2. Rimanere calmi
Chi non rimane calmo getta benzina sul fuoco. Una situazione tesa può rapidamente sfuggire di mano. Rimanere calmi e decisi è il modo adeguato per affrontarla.
 
3. Essere risoluti
Basta, picchiare non è la soluzione. I genitori dovrebbero tener ferme le mani del bambino e dire in tutta tranquillità: «Basta, non voglio che mi picchi. Mi fai male», consiglia la consulente in materia di educazione Susanna Fischer, responsabile della Familienpraxis Stadelhofen.

Rispondere con la violenza non è un opzione

Talvolta i genitori sono così innervositi da reagire anch'essi con la violenza a un ripetuto attacco di botte del proprio figlio. Vogliono mostrare al bambino come ci si sente quando si viene picchiati. Tuttavia, le botte e altre forme di violenza non sono un'opzione neppure per i genitori, i quali dovrebbero sempre ricordarsi dell'importante funzione che svolgono: sono un esempio per il proprio figlio. I bambini partono dal presupposto che i genitori si comportino correttamente e imitano quindi il loro atteggiamento.

I genitori che sono aggressivi o che addirittura picchiano il proprio bambino, gli insegnano che la violenza fisica è giusta. Protezione dell'infanzia Svizzera avverte: «Le punizioni corporali scuotono la fiducia del bambino nei suoi genitori, indeboliscono la sua fiducia in sé, promuovono un comportamento aggressivo e disturbano il suo sviluppo sociale, intellettuale ed emotivo».

Meglio su un piano di parità

Dichiarazioni di guerra, minacce e punizioni alimentano la rabbia e, quindi, anche un comportamento aggressivo. Uno stile educativo democratico previene invece il comportamento aggressivo (v. educazione autoritaria). Esso si contraddistingue per il rispetto per il bambino. Un bimbo i cui genitori gli parlino su un piano di parità si sente apprezzato. Sa che mamma e papà lo ascoltano e che prendono sul serio i suoi desideri anche se non sempre possono accontentarlo. Impara che non può ogni volta andare come vuole lui, ma che viene preso sul serio. Inoltre, si rende conto che le situazioni di conflitto non rappresentano una minaccia: «Mamma e papà sono al mio fianco anche se non la pensiamo allo stesso modo». «Inizialmente i bambini devono imparare dai genitori a trovare una buona soluzione per i conflitti», afferma Susanna Fischer.

Vivere senza comportamenti aggressivi

«Ti stai già irritando!», «Ah, Marie ti ha portato via il secchiello. Ti fa arrabbiare così tanto», «Hai paura che ti porti via anche altri oggetti?»: si direbbe che i genitori ascoltino attivamente. A poco a poco il bambino si calma, perché si sente compreso. Il comportamento aggressivo non trova terreno fertile nelle famiglie in cui si comunica in maniera empatica e sana. Qui, infatti, i genitori fungono da esempio e mostrano al loro bambino che i conflitti si possono risolvere senza prepotenze fisiche e anche senza violenza verbale. Più il piccolo cresce, più diventerà abile nell'articolare e argomentare i suoi desideri a livello linguistico.

Ascoltare attivamente

Il primo passo importante per una buona risoluzione dei conflitti è «ascoltare attivamente». Ciò significa essere aperti a ciò che dice il bambino nonché riflettere sui suoi sentimenti e anche su quello che dice. L'ascolto attivo fa parte della comunicazione empatica e sana, nota anche come «comunicazione nonviolenta», che può essere appresa in occasione di formazioni e seminari online per i genitori. Inoltre, la letteratura al riguardo abbonda. «Genitori efficaci» di Thomas Gordon e «Comunicazione nonviolenta» di Marshall Rosenberg sono due classici.

Foto: Getty Images

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