Consigli per la scuola

Consigli per i genitori: compiti a casa senza stress

Talvolta i compiti a casa possono rappresentare una vera e propria bomba ad orologeria. Che cosa succede se tua figlia preferisce fare ginnastica piuttosto che studiare matematica? Oppure se tuo figlio rimanda sempre i suoi «compitini» o addirittura dimentica di eseguirli? Un'esperta illustra sei tipologie diverse di alunno in relazione allo svolgimento dei compiti e ci fornisce utili consigli affinché lo studio a casa fili liscio come l'olio.

Stefanie Ritzler
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Stefanie Rietzler

è psicologa, autrice e direttrice, insieme a Fabian Grolimund, dell'Akademie für Lerncoaching di Zurigo.

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Stefanie Rietzler

è psicologa, autrice e direttrice, insieme a Fabian Grolimund, dell'Akademie für Lerncoaching di Zurigo.

1. L'esecutore rapido

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L'alunno di terza elementare torna a casa, si siede e in due minuti finisce i compiti. Abbozza due frasi, sbaglia ogni parola e scrive con una calligrafia appena leggibile. Poi esce a giocare. 

Per prima cosa apprezziamo il fatto che il ragazzino si sia assunto la propria responsabilità e abbia svolto subito i compiti in autonomia. Per quanto riguarda la qualità, i genitori hanno aspirazioni differenti. Spesso vorrebbero che i loro figli scrivessero già in maniera più corretta ed elegante. Se muovono una critica di questo genere, di solito scatenano dei conflitti. Se si intromettono troppo, a medio termine i figli concederanno loro sempre meno accesso ai rispettivi compiti. Anche l'opinione dell'insegnante è importante. È infatti questa persona a decidere se i compiti vengono svolti nella qualità richiesta e spetta a lei dare un riscontro in caso contrario. Forse lo scolaro lavora con più precisione quando si tratta della sua materia preferita. Dopo questi momenti d'oro i genitori possono guardare il figlio dritto negli occhi e lodarlo: «Sembra davvero un buon lavoro!». Queste frasi sono fonte di motivazione.

2. Il procrastinatore

Spesso all'alunno viene in mente di svolgere i compiti solo al momento della colazione. È stressato e chiede ai suoi genitori di dettargli le soluzioni.

In una prima fase può essere d'aiuto una panoramica settimanale: quando le giornate sono piene di impegni? Quanto tempo resta per lo studio? A volte si accumulano gli hobby: è dunque giunto il momento di ridurre lo stress causato da un'agenda troppo piena d'impegni. Se non è a causa del carico di lavoro che i compiti restano incompiuti, i genitori possono porsi la seguente domanda: quando e come siamo disposti ad aiutare nostro figlio? In un momento di calma possono discuterne con il ragazzino ed esaminare come viene percepita la situazione dai vari soggetti interessati nonché capire se e quando desiderano aiutarlo. Molti genitori hanno paura di mandare i figli a scuola con i compiti non svolti. Creano così un "salvagente", segnalando che in caso d'emergenza i compiti rientrano nella responsabilità dei genitori. Sarebbe più opportuno invece lasciar fare al figlio l'esperienza di andare a scuola senza aver eseguito i compiti.

3. Il sognatore perditempo

L'alunna di prima elementare deve disegnare un cane, tre mucche e cinque galline in una fattoria. Fa diversi tentativi finché non ottiene gli animali perfetti e li colora con cura. Invece di dieci minuti impiega due ore per svolgere i «compitini».

È decisivo capire se la lunga durata è un'eccezione oppure la regola. Se la ragazzina disegna volentieri, trova fantastico il compito ed è soddisfatta del risultato, i «compitini» possono tranquillamente durare di più per una volta. Diventa invece difficile se ci impiega regolarmente molto più tempo rispetto a quanto previsto dalla scuola per quei compiti. È facile che i bambini sognatori o perditempo stiano seduti davanti ai libri due ore e mezzo anziché 30 minuti. Questa situazione andrebbe segnalata all'insegnante per trovare un accordo. Per esempio, i genitori potrebbero prendere nota dei compiti eseguiti nel tempo previsto e poi... stop. Forse vostra figlia pensava di non aver comunque quasi più tempo libero e quindi di rendere lo studio almeno il più piacevole possibile. Il fatto di avere nuovamente del tempo per sé le darà lo slancio per le fasi di lavoro.

4. Il frustrato

I compiti settimanali opprimono l'alunna di quarta elementare. Ogni giorno si mette là, ma è sempre al punto di partenza. Non riesce a svolgere da sola i compiti, si perde e si sente frustrata. Se la mamma o il papà cercano di aiutarla, ecco che arriva il battibecco.

Con un programma settimanale i bambini si avvicinano precocemente alla pianificazione e all'organizzazione. Spesso ci si aspetta che possano farlo in tutta semplicità. Ma solo raramente è così: molti si sentono eccessivamente caricati. Può rivelarsi molto utile se all'inizio della settimana i genitori allestiscono un piano di lavoro insieme ai propri figli. Un buon approccio è annotare su un Post­ it­ il tempo di elaborazione previsto indicativamente e il materiale necessario per ogni compito e poi collocare il foglietto su un pannello con i giorni della settimana. Occorre inoltre prendere in considerazione gli hobby e gli appuntamenti con gli amici e prevedere regolarmente delle pause. Il fatto di vedere che ogni giorno deve occuparsi solo di una parte dei compiti attenua la sensazione di sovraccarico della scolara.

5. Il saltamartino svogliato

La ragazzina non ha alcuna voglia di fare i «compitini». Si siede, fa mezzo calcolo, si rialza, fa una ruota. Dopo il secondo calcolo ha fame, al terzo si interrompe.

Alcuni bambini sono molto scrupolosi, altri più impulsivi. Questi ultimi, dopo essersi trattenuti a lungo per tutta la giornata scolastica, scaraventano il banco in un angolo e pensano: fine! I genitori possono parlare con i propri figli per capire quando preferiscono svolgere i compiti. E poi si può provare per una settimana con il programma concordato. Occorre trovare anche il posto migliore dove eseguirli. Per i bambini che si distraggono facilmente è spesso difficile concentrarsi nella loro cameretta piena di giochi. È forse più semplice in cucina? Può inoltre essere opportuno che i genitori si esprimano diversamente dal solito. Se la figlia dice: «Non ho voglia. È tantissimo, non ce la faccio», i genitori dovrebbero evitare di controbattere con frasi quali: «Non è così difficile, ce la puoi fare in dieci minuti». Anche se, così facendo, i genitori intendono spronarli, nella maggior parte dei casi i bambini si sentono incompresi. È più utile mostrarsi comprensivi: «E sì, sono proprio tanti. Vediamo come possiamo suddividerli», oppure: «Ne hai abbastanza per oggi, vero? In quale materia hai più compiti? Preferisci cominciare con questi oppure con qualcosa di più facile?». Forse si può addirittura creare una sorta di complicità: i genitori rispondono alle loro complicate e-mail allo stesso tavolo dove stanno studiando i figli.

6. Lo smemorato

L'alunno di seconda elementare dice di non aver nessun «compitino» oppure di aver già svolto tutto. Alla fine della settimana giunge puntuale il feedback dell'insegnante: il bambino ha dimenticato i compiti per tutta la settimana.

In questo caso è necessario scoprire da che cosa dipende questa situazione. Molti bambini hanno difficoltà ad annotare correttamente i compiti sul diario. Non prendono appunti quando l'insegnante scrive alla lavagna i compiti. Oppure scrivono più lentamente degli altri, ma desiderano comunque andare in pausa con loro. Per alcuni bambini può essere utile preparare il diario dei compiti insieme ai genitori, per esempio registrando già le materie e lasciando lo spazio in bianco, in modo tale da dover poi solo scrivere i compiti sulla riga giusta. Oppure concordare che cancellino la riga delle materie per le quali non ci sono compiti da svolgere. Una riga vuota significa che il bambino si è perso qualcosa e che deve chiedere ai compagni. Anche una graffetta posizionata in alto sulla pagina del giorno nel diario può aiutare i bambini a trovare subito il posto giusto. Talvolta anche l'insegnante si dichiara pronto a controllare per un certo periodo il diario dei compiti alla fine della giornata scolastica.

Buono a sapersi

  • Idealmente i genitori rappresentano un sostegno solo se i figli desiderano davvero il loro aiuto e se non si impongono. Da vari studi è emerso che l'intromissione indesiderata da parte dei genitori è addirittura dannosa.
  • Età moltiplicata per due: il risultato corrisponde all'incirca al tempo massimo di concentrazione dei bambini, trascorso il quale è necessaria una breve pausa. Se diminuisce la concentrazione, i compiti vengono spesso percepiti solo come noiosi. Poiché di un'attività ricordiamo soltanto l'ultima emozione provata, ai compiti viene associata questa sensazione di base. 
  • Porre l'accento su ciò che sta funzionando proprio bene. Dire a un bambino che di solito ha difficoltà a concentrarsi: «Hey, adesso sei proprio concentrato!» oppure a uno che normalmente lavora con poca cura: «Wow, che lavoro accurato!» permette ai genitori di promuovere una buona attitudine al lavoro.

Il posto migliore dove svolgere i compiti

Alcuni bambini apprendono meglio nelle vicinanze dei loro genitori, in cucina o sul tavolo da pranzo. Altri preferiscono tornare nella loro cameretta o in ufficio. Scopri insieme a tuo figlio qual è il posto giusto dove svolgere i compiti. 

Se opti per un luogo isolato piuttosto che per il tavolo della cucina, prepara insieme a tuo figlio una scrivania dove ci sia tutto il necessario (come l'occorrente per scrivere o la carta). Un regalino aggiuntivo (ad es. una nuova lampada da scrivania, una sveglia originale o una matita con il motivo preferito) può aumentare la motivazione.

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Foto: Getty Images

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